A te che avevi un gatto, indifferente il giorno
che son venuto a dirti domani non ritorno.
A te che immaginavi, ad ogni mia parola,
la vita di mia moglie, che forse è sola.
E ti sforzavi di non ricordare
quell'uomo che tornava soltanto per picchiare.
Tua madre che aspettava, quando scappavi a letto,
dicendo a tua sorella:
"Vedrai che passa tutto, la vita è bella".
A te che gli anni e gli occhi si mentono ogni sera,
anche se negli specchi la vita è dura.
A te che mi hai ascoltato, cercando di capire
uno che parla al buio e non sa cosa dire.
A te che mi hai truccato il mazzo delle carte,
perché vincessi ancora da qualche parte.
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A te con i tuoi "forse" e la tua Valentina,
che in fondo è solo il nome di una bambina.
A te che non c'è un solo uomo a cui non hai creduto,
amando il suo dolore, anche se si era addormentato.
A te che nascondevi, ridendo, la paura
che fosse solamente un'avventura.
A te che mi dicevi: "Sai chi ho scopato ieri?"
Per non farmi capire che ero nei tuoi pensieri.
A te che mi hai contato i passi sulle scale
e viene sempre il giorno che non si sale.
A te nemmeno un sogno, nemmeno un'emozione.
A te non ho lasciato che una brutta canzone.